Le favorite del Re, il popolo a Versailles.

a174657188eb95ba7a2c42af6f45ad5f

 

“Louise-Julie, Contessa di Mailly, Pauline-Félicité, marchesa di Vintimille, Diane-Adélaide, duchessa di Lauraguais. Hortense-Félicité, marchesa di Flavacourt, e Marie-Anne, marchesa di La Tuurnelle, contribuirono tutte, in maniera più o meno diretta, a iniziare il giovane all’erotismo, all’amore, alla politica, ma anche a creare quel clima di scandalo che gli avrebbe alienato il rispetto dei sudditi.”.

 
[Amanti e regine, il potere delle donne – Benedetta Craveri]

 

 

Morto il Re Sole gli succedette Luigi XV, che dal suo predecessore aveva preso ben poco, soprattutto agli inizi, quando ci vollero ben cinque fanciulle per farlo interessare alle donne, superando quella timidezza che l’aveva caratterizzato nei primi anni dell’adolescenza.
Dopo che Luigi XIV aveva cancellato le differenze tra i suoi figli, legittimi e illegittimi, riconoscendoli tutti senza distinzioni, e conferendo ad ognuno titoli e rendite, arrivando a sposare una sua amante, la corte di Versailles credeva che il peggio fosse passato e che il nuovo Re avrebbe governato con più rispetto, soprattutto verso la nobiltà. Ovviamente, si sbagliavano.
La ragione di stato portò Re Luigi XV a sposare la principessa polacca Maria Leszczynska, la quale si dimostrò, sino alla sua morte, fredda e scostante nei confronti della sua nuova patria, tenendosi ben lontana dal volere influenzare il Re nella gestione e negli affari della Francia.
La principessa polacca si ritrovò sola, in uno stato straniero, circondata da una corte straniera e sconosciuta e con un marito distante, solito trincerarsi dietro un silenzio spietato che nascondeva la solitudine affettiva del sovrano; Luigi XV era rimasto privato della sua famiglia, colpita da una forma di morbillo virulento, ad appena cinque anni.

 

 

“In fuga da se stesso, Luigi lo era anche dal suo prossimo. […] Le donne costituivano per lui un arcipelago sconosciuto da cui la morte della madre lo aveva estromesso, e a cui avrebbe fatto ritorno solo in età virile, non più sotto il segno dell’amore filiale, ma dell’erotismo.”.

 

[Amanti e regine, il potere delle donne – Benedetta Craveri]

 

 

 

Madame_de_Pompadour_(1759)

 

Dopo anni di amori fugaci, di storie passionali nate sull’impeto del desiderio, Luigi XV conobbe la donna che avrebbe cambiato la sua vita e quella della corte, e forse in qualche modo anche quella della Francia, Madame d’Etiolles, la futura Madame de Pompadour.

 

 

“L’ambizione della donna è di piacere, ma non vivono, cioè non piacciono che per dieci, quindici anni, e trascurano lo spirito che deve servire loro per tutta la vita, per cui è difficile che invecchino serenamente. Le belle donne ispirano delicati sentimenti e ripeto sanno ragionare e dare buoni consigli perché l’intelligenza non ha sesso. La sola differenza fra i due sessi è che il nostro è più amabile, ma siamo più difficile da governare che gli uomini.”.

[M.me de Pompadour mi ha detto… – Mario Frejaville]

 

 

Jeanne-Antoniette Poisson, figlia di una donna di facili costumi e di un ricco uomo d’affari, strappò alla nobiltà un monopolio che era da sempre appartenuto ad una delle figlie della Corte, divenire la favorita del Re.
“La politica non si addice alla belle donne.“, pare che questa fosse una delle massime di M.me de Pompadour, questo prima di divenire la favorita del Re, titolo che l’aiutò ad essere la consigliera più intima del sovrano, aiutandolo anche nelle questioni di stato.
Il Re ebbe modo di conoscere Jeanne-Antoniette nel 1745, durante un ballo in maschera facente parte delle celebrazioni che seguirono al matrimonio del Delfino con l’Infanta di Spagna Maria Teresa Raffaella.
Luigi XV si invaghì subito di quella fanciulla “assai ben fatta, con il viso tondo, i lineamenti regolari, uno splendido incarnato, mani e braccia magnifiche, occhi stupendi, anche se non grandissimi.”. Fu subito espresso desiderio del sovrano che ella lo raggiungesse a Corte, e mentre il re era impegnato nella conquista della Fiandre, M.me d’Etiolles, assistita dai migliori insegnanti, imparava le genealogie e l’etichetta di quella corte, da sempre appannaggio esclusivo della nobiltà.
All’epoca, per risiedere a Versailles i nobili dovevano dimostrare che la loro nobiltà fosse antecedente al 1400, è quindi facile comprendere come, in un simile microcosmo chiuso in se stesso da secoli , fosse vista la venuta di una giovane appartenente alla ricca borghesia.
Trovare una dama disposta a fare da madrina alla giovane non fu semplice, ma qualcuno avrebbe dovuto accompagnare la neo marchesa de Pompadour, titolo che Jeanne ricevette in dono dal Re. Alla fine, l’anziana Principessa di Conti, nipote di Re sole e di Athénais de Montespan, dietro una generosa ricompensa per saldare tutti i suoi debiti, accettò l’incarico.

La speranza a Versailles era che il Re si sarebbe presto stancato di quella nuova fanciulla, riportando l’attenzione dei suoi ardori su donne di diversa levatura sociale, tornando, in pratica, a pescare tra le fila nobiliari per scegliere la sua prossima amante, proprio come era consuetudine da sempre.
M.me de Pompadour, invece, rimase per ben diciannove anni al fianco del sovrano.

 

 

“La prima ragione dell’ostilità che Versailles mostrava nei suoi riguardi era puramente e semplicemente la sua estrazione sociale: la marchesa -era un dato di fatto- usurpava un ruolo che era sempre stato appannaggio delle donne della nobiltà e apriva una breccia attraverso la quale sarebbero entrati a corte finanzieri dalle origini oscure.”

 

.
[Amanti e regine, il potere delle donne – Benedetta Craveri]

 

M.me de Pompadour fu fatta accomodare nell’appartamento sottostante a quello del Re, nell’ala nord del corpo centrale del Palazzo di Versailles. I due appartamenti erano collegati mediante una scala, con la quale il Re poteva muoversi velocemente per raggiungere la sua favorita ed intrattenersi con lei e con la ristretta cerchia di amici, severamente selezionati dalla nuova amante.
Fu subito chiaro a tutti che il Re in M.me de Pompadour non aveva trovato solamente una favorita, ma un’alleata ed una fidata consigliera. Entrare nel ristretto circolo di persone ammesse agli appartamenti della favorita equivale ad entrare nelle grazie del re.
Luigi XV non aveva mai amato la vita di Corte e spesso era stata la Regina Consorte, Maria Leszczynska, a sostituirlo durante la vita di Versailles. Egli trovò negli appartamenti di M.me de Pompadour una condizione felice nella quale rifugiarsi; quel miraggio di vita borghese, negli appartamenti della donna, era un modo che consentiva al Re di fuggire dal suo gravoso compito. Il tempo libero era trascorso tutto al fianco della donna, che fu più volte accusata dalla corte di monopolizzare l’attenzione di Luigi XV, quando invece era proprio il sovrano a desiderare di essere monopolizzato dalla sua amante.
Odiata soprattutto dal Delfino, che era solito chiamare M.me de Pompadour ‘mamma puttana’, la donna aveva dimostrato sempre il massimo rispetto a tutta la famiglia reale, soprattutto nei confronti della Regina Maria Leszczynska, spingendo il sovrano ad essere più gentile con la moglie, e a trascorrere con lei più tempo, dandole maggiori attenzioni.
Sempre nell’intento di tenere viva l’attenzione di un uomo facilmente annoiabile, la marchesa aveva creato una piccola compagnia di attori dilettanti, scelti nella sua cerchia di fedelissimi, reinventandosi lei stessa come impresario, attrice e cantante di spettacoli teatrali, opere e balletti.
M.me de Pompadour amava l’arte e la cultura, e partecipò attivamente al mecenatismo di corte, poiché mentre gli intellettuali e gli artisti ripopolavano Parigi, la corte di Versailles sguazzava nella più profonda ignoranza.
Nel 1750, dopo appena cinque anni dall’inizio della loro relazione, M.me de Pompadour cessò di essere l’amante del Re, per via di disturbi ginecologici che l’ avevano portata ad una situazione di frigidità. Quella che sembrava la fine del breve regno della donna ne divenne, invece, l’inizio.
M.me de Pompadour venne trasferita nell’appartamento sopra a quello del sovrano, che conferiva così alla donna “un pubblico attestato di stima, conferendole una legittimazione ufficiale del suo nuovo status ufficioso di consigliere e ministro.” e la liberava, agli occhi della corte e del Clero, dal ruolo di favorita.
Benché il Re continuasse ad avere amanti, mantenendo il massimo riserbo sulle sue avventure per non turbare M.me de Pompadour, la donna viveva nel costante terrore che presto o tardi il Re avrebbe incontrato un’altra, più giovane di lei, capace di catalizzare tutta la sua attenzione, facendola cadere in rovina. Onde evitare un copione visto e rivisto a Versailles, ella si arrogò il diritto di selezionare amanti occasionali che sapessero saziare gli appetiti sessuali del sovrano, senza che queste potessero essere tanto interessanti da spodestarla.
Poiché le prostitute erano escluse a priori, come da regolamento, M.me de Pompadour optò per giovani ragazze vergini, onde evitare che il Re venisse contagiato da qualche malattia venerea, appartenenti alla piccola borghesia.
Le famiglie delle giovani, in cambio, ottenevano denaro e potevano aspirare a matrimoni vantaggiosi per le figlie che assumevano tale ‘impiego‘.
In un appartamento, poco distante da Versailles, veniva fatta accomodare una ragazza per volta, mai più di una al contrario di quanto sostenuto dalle malelingue dell’epoca, e la giovane era costretta a trascorrere mesi di ozio, nell’attesa dell’ospite, non sempre da questa riconosciuto.
Nel caso la giovane fosse rimasta incinta vi erano due opzioni: poteva tornare a casa, partorire, ricevere dei soldi con cui allevare il bambino e sposarsi grazie alla dote concessale, oppure, una volta avuto il bambino ed una somma per mantenerlo, tornare all’appartamento e continuare il proprio lavoro.
Considerando ora i tempi, e tenendo conto che a Parigi vi erano circa trentamila prostitute, il comportamento del Re non differiva poi molto da quello di un qualunque altro uomo dell’epoca; solo che mentre il sovrano non poteva andare in un bordello, tutti gli altri potevano, e quindi toccava costruire per lui un apparato simile nel quale trastullarsi, proprio come avrebbe fatto un qualsiasi altro suo contemporaneo.
In pratica, il problema era la mentalità, non il comportamento del re, ma questa è un’altra storia.
Nonostante tutte le precauzioni prese da M.me de Pompadour, però, vi fu una ragazza, tale Anne Coupier di cui il re si invaghì tanto da sistemarla in una casa tutta per lei, nella via principale di Passy, ove ella era libera di vivere come meglio credeva. Oltre a ciò, nel 1762 venne iscritto nel registro della parrocchia di Chaillot il battesimo di Louis-Aimé de Bourbon, figlio di Louis de Bourbon e di Madmoisselle Anne Coupier de Romans. Il piccolo fu l’unico figlio, degli otto che aveva avuto dalle amanti dell’appartamento, che il re decise di dichiarare come proprio, qualcosa di ben lontano dalla legittimazione di cui aveva abusato Luigi XIV. Quel gesto compiuto da Re aveva gettato nuovamente la marchesa nel dubbio e nella preoccupazione, facendole temere il peggio.
Fu nel 1764, all’apice del suo potere, che M.me dovette arrendersi, ma non ad un’altra favorita, bensì alla morte. La tubercolosi vinse quella battaglia che la marchesa aveva portato, coraggiosamente e silenziosamente, avanti per tanti anni. Si spense nei suoi appartamenti, senza che il re potesse porgerle neanche un ultimo saluto.
Luigi XV osservò il corteo funebre della donna dal balcone dei suoi appartamenti, piangendo la scomparsa di colei che per tanti anni era stata una presenza consolatoria e di fiducia, una persona amata e che probabilmente l’aveva amato.

 

 

Quando sul finire del 1764, du Barry si imbatté in Jeanne capì subito che la ragazza, allora ventunenne, aveva degli atout eccezionali, e la fece prontamente sua. La prese a vivere con sé e, dopo una breve luna di miele durante la quale provvide a completare la sua educazione erotica, cominciò a procurarle i primi clienti. E poiché l’Ange si piegava con estrema docilità alle sue richieste e riscuoteva grande successo, il roué intensificò il numero dei rendez-vous che le fissava quotidianamente, imponendole, come annotava il 27 settembre 1765 l’ispettore di polizia Mathieu Marais nel suo diario, un’esistenza ‘infame’: -Per lui è esattamente come una mucca da mungere. Con l’intenzione di procurarsi protezioni e denaro, l’affitta a chiunque, purché sia nobile o facoltoso.”.

 

[Amanti e regine, il potere delle donne – Benedetta Craveri]

 

3. Madame du Barry.jpg

 

 

L’Ange entrò nella vita del Re nel momento in cui egli ne aveva più bisogno. Dopo aver perso M.me de Pompadour, perse, dal 1759 al 1768, la figlia prediletta Luisa Elisabetta andata sposa al Duca di Parma, il delfino Luigi Ferdinando, la delfina Maria Giuseppina di Sassonia e la regina Maria Leszczynska.
Dopo i numerosi lutti e con l’avanzare dell’età, Luigi XV si era disinteressato ai piaceri della carne e, spronato dal suo nuovo confessore l’ abate Maudoux, aveva cambiato le sue abitudini, rinunciando alle amanti e alle favorite.
Qualcosa mutò durante gli ultimi mesi di vita della Regina Maria Leszczynska. All’inizio del 1768, mentre la regina si spegneva, la corte si accorse che il Re era cambiato, era rinvigorito e si vociferava che simile mutamente fosse dovuto alla relazione che Luigi XV aveva allacciato con una cortigiana d’alto bordo: Jeanne Bécu sposata du Barry.
La giovane era capitata, o per meglio dire era stata spinta dal marito, nel letto del vecchio duca di Richelieu, nipote del famoso Cardinale, e questo aveva aperto a Jeanne le porte della corte. Richelieu, infatti, aveva lodato al re la bellezza e la bravura amorosa della ragazza, suscitando nel sovrano una certa curiosità, che era sta ben presto appagata, ma non soddisfatta.
Andando contro ad una delle regole più ferree di Versailles, Luigi XV prese la fanciulla, cortigiana di professione, come favorita.

 

“E’ bella, mi piace, e tanto basta; quando lo vorrò, saranno tutti ai suoi piedi.”.

 

[Amanti e regine, il potere delle donne – Benedetta Craveri]

 

 

Nonostante l’aperta ostilità del Duca di Choiseul nei confronti della Du Barry, la giovane fu presentata a Corte.
Se la nobiltà francese era rimasta basita di fronte alla ricca borghese M.me de Pompadour, chissà quali furono le reazioni quando dovettero accogliere tra di loro una prostituta.
Era il 22 aprile 1769 e la Du Barry si presentò a corte sfoggiando le sue armi migliori, una bellezza aristocratica e i suoi modi naturalmente cortesi.

 

 

“Sebbene fosse cresciuta e avesse vissuto nella società finanziaria di Parigi, che era quei tempi piuttosto distinta, Madame de Pompadour non aveva buone maniere, e aveva un modo di parlare volgare, che non era riuscita a correggere neanche a Versailles. Era completamente diversa da Madame du Barry che, meno ben educata, aveva raggiunto una lingua piuttosto pura […] le piaceva parlare e aveva imparato l’arte di raccontare con vivacità.”.

 

[Mémories di Talleyrand]

 

 

Al contrario di M.me de Pompadour alla Du Barry la politica non interessava, e non interferì mai con gli affari di stato del Re, cosa per la quale Luigi XV le fu molto grato.
La corte, oltre a rinfacciare continuamente all’Ange la sua estrazione e la sua precedente professione, osservava con orrore il capitale che il re elargiva alla nuova favorita, cosa molto insolita per il sovrano che non era mai stato particolarmente generoso con le sue amanti in passato.
Grazie alle ingenti somme che il re le aveva donato, la Du Barry diede il via ad un impulso di stile, noto come il ‘Du Barry‘, una moda nata dall’incontro della corte con la vita quotidiana.
Portò innovazioni anche nella moda, puntando sulla semplicità, grazie alla sua bellezza naturale, abolendo ogni forma di trucco e di belletto, i capelli posticci, i vestiti con stecche e troppo pomposi, preferendo abiti dai tagli semplici che esaltavano le naturali curve del corpo.
Amante delle arti fu di sostegno per architetti, scultori, pittori ed artigiani di lusso, incoraggiando l’estro e l’ispirazione.
Il 5 maggio 1774 M.me du Barry, su ordine del Re, ormai morente, abbandonò per sempre Versailles.
Una settimana dopo, il nuovo re, Luigi XVI confinava la Du Barry all’interno del monastero di Pont-aux-Danes. Tale scelta, si può ben immaginare, fu mossa dall’intromissione della regina, Maria Antonietta.

 

“C’è tanta gente oggi a Versailles.”.

 

Così era suonata la resa da parte della Delfina, Maria Antonietta, nei confronti della Du Barry.
Le pressioni di Maria Teresa d’Austria sulla figlia, seguite da quelle del Delfino ed infine da quelle del Re, avevano ottenuto l’effetto desiderato, facendo si che Maria Antonietta rivolgesse la parola alla favorita del Re, evitando così una rottura tra l’Austria e la Francia.
L’ avversione di Maria Antonietta, nei confronti dell’Ange, era nata da ciò che le tre figlie nubili del Re avevano riferito alla giovane delfina; è facile immaginare come la, appena diciassettenne, delfina dovesse guardare a colei che era stata una prostituta, prima di divenire favorita del sovrano. Per immaginare i pensieri della giovane Maria Antonietta bisogna tenere anche conto della rigida educazione in cui era stata cresciuta, all’austera corte di Vienna, ben diversa da quella di Versailles.
Inoltre, ad aggravare l’inimicizia che Maria Antonietta provava per la donna, bisogna aggiungere che la Du Barry fu considerata colpevole dell’esilio del duca di Choiseul, artefice del matrimonio di Maria Antonietta con il Delfino.
Quella frase, detta il 1 gennaio 1772, era costata alla Du Barry quasi un anno di prigionia nella cella di un convento ormai in rovina.

Solo nel 1775 a M.me du Barry fu permesso di abbandonare il convento, mentre nel 1776, su concessione del Re, ella rientrò in possesso dei suoi beni e della sua libertà.
Si installò nella sua amata Loueciennes dove a trentatré anni, ricca e bellissima, era finalmente libera dal giogo maschile, infatti ben si guardò dal risposarsi. Divenuta un’allieva di Jean-Jacques Rosseau iniziò a vestire con semplicità, adattandosi ad uno stile di vita più naturale, trascorrendo molto tempo all’aperto nel suo giardino inglese e dedicandosi alla filantropia.

 

“L’utopia campestre di Louveciennes non poteva però resistere alla violenza della storia. Allo scoppio della Rivoluzione M.me du Barry, con la generosità che la contraddistingueva, si prodigò per aiutare gli amici in difficoltà, nascondendo i ricercati nel suo castello e offrendo i suoi servigi a quella famiglia reale che l’aveva trattata così duramente.”.

 

[Amanti e regine, il potere delle donne – Benedetta Craveri]

 

 

Nonostante la sua nascita, l’Ange finì per essere trattata come un appartenente della nobiltà, quella stessa nobiltà che l’aveva tanto disprezzata in passato.
Accusata di essersi arricchita, grazie al suo mestiere di meretrice, sulle spalle del popolo, godendo dei lasciti di un tiranno, M.me du Barry fu condannata alla ghigliottina.

 

 

Fra le tante donne che quei giorni terribili hanno visto perire, ella è l’unica che non riuscì a sostenere con fermezza la vista del patibolo; gridò, implorò la grazia della folla orrenda che la circondava, e quella folla si commosse al punto che il boia si affrettò a mettere fine al supplizio. Anche per questo sono sempre più convinta che se le vittime di quel tempo di esecranda memoria non avessero avuto il nobile orgoglio di morire con coraggio il terrore sarebbe cassato molto prima.”.

 

[Madame Vigée Le Brun]

 

3 pensieri su “Le favorite del Re, il popolo a Versailles.

  1. I tuoi articoli sono sempre interessanti, grazie Mara! 😉
    Ho “Amanti e regine, il potere delle donne” in ebook, e presto lo leggerò.
    Ti auguro un sereno pomeriggio, ed un felice fine settimana! 🙂

    Piace a 1 persona

Lascia un commento