La burnesha, la virgjina e la donna: storie d’ amore.

130294-hd.jpg[Foto a cura di Paola Favoino]

 

“Spogliata d’ ogni potere all’ avvento della proprietà, il destino della donna è legato attraverso i secoli al destino della proprietà privata […]. Coltivare la terra paterna, rendere un culto ai mani del padre, è per l’ erede un solo e medesimo obbligo: egli assicura la sopravvivenza degli avi in terra e nel mondo sotterraneo […]. Ormai la donna col matrimonio non è più prestata da un clan ad un altro: è strappata alla gente tra cui è nata e immessa brutalmente tra quella dello sposo; egli la compra […].”.

[Il secondo sesso – Simone de Beauvoir, trad. a cura di R.Cantini e M. Andreose] Continua a leggere

Lucia e Gertrude, donne di manzoniana memoria.

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“Lucia usciva in quel momento tutta attillata dalle mani della madre. Le amiche si rubavano la sposa, e le facevan forza perchè si lasciasse vedere; e lei se ne andava schermendo, con quella modestia un pò guerriera delle contadine, facendosi scudo alla faccia col gomito, chinandola sul busto ed aggrottando i lunghi e neri sopraccigli, mentre però la bocca s’ apriva al sorriso”
[I promessi sposi- Alessandro Manzoni] Continua a leggere

Le donne nel mito, parte quinta: Elettra.

elettra

“O desiderio carissimo alla casa paterna, lacrimata speranza di un seme di salvezza, nel tuo coraggio fidando riacquisterai la casa del padre! Occhio mio soave, tu per me adempi a quattro uffici: padre è necessario che io ti chiami; poi cade in te l’ amore per mia madre – che è giustissimamente è odiata- e per la sorella spietatamente sacrificata; tu eri infine per me il fratello fedele, che solo mi restituisci alla dignità dovutami.”

[Coefore, vv 235-43 – Eschilo, traduzione a cura di Raffaele Cantarella] Continua a leggere

Lavorare stanca.

Lavorare stanza

Traversare una strada per scappare di casa 
lo fa solo un ragazzo, ma quest’uomo che gira 
tutto il giorno le strade, non è più un ragazzo 
e non scappa di casa. 
                                                Ci sono d’estate 
pomeriggi che fino le piazze son vuote, distese 
sotto il sole che sta per calare, e quest’uomo, che giunge 
per un viale di inutili piante, si ferma.
Val la pena esser solo, per essere sempre più solo?
Solamente girarle, le piazze e le strade 
sono vuote. Bisogna fermare una donna 
e parlarle e deciderla a vivere insieme.
Altrimenti, uno parla da solo. È per questo che a volte 
c’è lo sbronzo notturno che attacca discorsi, 
e racconta i progetti di tutta la vita.

Non è certo attendendo nella piazza deserta 
che s’incontra qualcuno, ma chi gira le strade 
si sofferma ogni tanto. Se fossero in due, 
anche andando per strada, la casa sarebbe 
dove c’è quella donna e varrebbe la pena.
Nella notte la piazza ritorna deserta 
e quest’uomo, che passa, non vede le case 
tra le inutili luci, non leva più gli occhi: 
sente solo il selciato, che han fatto altri uomini
dalle mani indurite, come sono le sue.
Non è giusto restare sulla piazza deserta.
Ci sarà certamente quella donna per strada 
che, pregata, vorrebbe dar mano alla casa.

 

                                                      [Lavorare Stanca- Cesare Pavese]

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A mia moglie

A mia moglie saba

Tu sei come una giovane
una bianca pollastra.
Le si arruffano al vento
le piume, il collo china
per bere, e in terra raspa;
ma, nell’andare, ha il lento
tuo passo di regina,
ed incede sull’erba
pettoruta e superba.
È migliore del maschio.
È come sono tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio,
Così, se l’occhio, se il giudizio mio
non m’inganna, fra queste hai le tue uguali,
e in nessun’altra donna.
Quando la sera assonna
le gallinelle,
mettono voci che ricordan quelle,
dolcissime, onde a volte dei tuoi mali
ti quereli, e non sai
che la tua voce ha la soave e triste
musica dei pollai.

Tu sei come una gravida
giovenca;
libera ancora e senza
gravezza, anzi festosa;
che, se la lisci, il collo
volge, ove tinge un rosa
tenero la tua carne.
Se l’incontri e muggire
l’odi, tanto è quel suono
lamentoso, che l’erba
strappi, per farle un dono.
È così che il mio dono
t’offro quando sei triste.

Tu sei come una lunga
cagna, che sempre tanta
dolcezza ha negli occhi,
e ferocia nel cuore.
Ai tuoi piedi una santa
sembra, che d’un fervore
indomabile arda,
e così ti riguarda
come il suo Dio e Signore.
Quando in casa o per via
segue, a chi solo tenti
avvicinarsi, i denti
candidissimi scopre.
Ed il suo amore soffre
di gelosia.

Tu sei come la pavida
coniglia. Entro l’angusta
gabbia ritta al vederti
s’alza,
e verso te gli orecchi
alti protende e fermi;
che la crusca e i radicchi
tu le porti, di cui
priva in sé si rannicchia,
cerca gli angoli bui.
Chi potrebbe quel cibo
ritoglierle? Chi il pelo
che si strappa di dosso,
per aggiungerlo al nido
dove poi partorire?
Chi mai farti soffrire?

Tu sei come la rondine
che torna in primavera.
Ma in autunno riparte;
e tu non hai quest’arte.
Tu questo hai della rondine:
le movenze leggere:
questo che a me, che mi sentiva ed era
vecchio, annunciavi un’altra primavera.

Tu sei come la provvida
formica. Di lei, quando
escono alla campagna,
parla al bimbo la nonna
che l’accompagna.
E così nella pecchia
ti ritrovo, ed in tutte
le femmine di tutti
i sereni animali
che avvicinano a Dio;
e in nessun’altra donna.

                                                       [A mia moglie- Umberto Saba]

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Le donne elleniche accantonate dal maschilismo del tempo.

donne elleniche

Delle donne si tende a sottovalutare la tenacia.

Le si vede come esseri fragili, e invece sono caparbie, sanno sopravvivere, anche se dimenticate per millenni, nascoste nell’ ombra dagli uomini, i quali le hanno, volontariamente o innocentemente, private di essere ricordate dai posteri.

L’ arte, in tutte le sue forme ed eccezioni, è asessuata. Così come la scienza.

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