La Dea Madre

“Le dee ereditate dall’ Antica Europa, come le greche Atena, Era, Artemide, Ecate, le romane Minerva e Diana, le irlandesi Morrigan e Brigit, le baltiche Laima e Ragana, la russa Baba Yaga, la basca Mari e le altre ancora, non sono “Veneri”, che elargiscono fertilità e prosperità: […] sono molto di più.”

[Il linguaggio della Dea – Marija Gimbutas, trad. a cura di Selene Ballerini]

Prima di analizzare il culto della Dea, nelle varie regioni Europee, prima dell’ avvento della cultura indo-europea, dovremmo soffermarci su come nacque questa divinità e perché.
E’ probabile che la Dea fosse la risposta ai quesiti naturali che l’ uomo iniziò a porsi sulla natura che lo circondava, sulla vita e sulla morte. Molti misteri erano attorno ai primi esseri umani e, come è facile comprendere, desideravano essere rincuorati su ciò che era ostico comprendere solo con l’ esperienza diretta.

Al perché fosse stata scelta una Dea, e non un Dio come accadrà poi in seguito fino ai giorni nostri, gli studiosi si sono dati una risposta semplice, proprio come avevano fatto gli uomini preistorici: chi può generare la vita? Solo una donna.

Per gli uomini del Neolitico, infatti, la donna era in grado di creare per partenogenesi, cioè era in grado di autogenerare la vita all’ interno del suo grembo, partorendo sia bambini che bambine. Quindi il ruolo del padre non era completamente compreso nella riproduzione, poiché egli non dava prova di paternità, mentre la donna, con il parto, dava prova evidente di maternità. Bisogna inoltre considerare che in molte società le donne non rimanevano legate ai loro partner sessuali, e ciò rendeva impossibile stabilire la paternità del bambino.
La certezza della paternità è una delle pietre fondanti delle culture patriarcali successive, tese a controllare il comportamento riproduttivo femminile.
Il fatto che solo la madre fosse certa faceva diventare il ceppo familiare di lei, e non quello dell’ uomo, il punto focale dell’ ereditarietà e portava quindi ad una struttura sociale matrilineare.

Capendo, quindi, questo aspetto sacrale, attribuito al corpo della donna, è semplice comprendere come sia nato il culto della Dea che, al pari della donna, era capace di autogenerarsi in un costante ciclo di vita, morte e rigenerazione.

Gli aspetti della Dea neolitica sono l’ essere datrice di vita, rappresentata spesso,dagli artigiani dell’ epoca, nell’ atto del parto stesso; la datrice di fertilità, ritratta incinta e nuda; datrice di nutrimento e protettrice, la Dea-Uccello; la reggitrice di morte, rappresentata come un nudo rigido all’ interno delle tombe.

Il simbolismo della Dea è il mistero della nascita, della morte e della rigenerazione, ampliando l’ attenzione alla Natura tutta, senza concentrarsi unicamente sull’ essere umano.
La Dea datrice di vita è sicuramente la figura più antica, e meglio conservata, giunta sino a noi. Questa dea, come poi sarà in seguito anche Artemide Eileithya, non è solamente la protettrice del parto, ella è incarnazione della fertilità della Natura tutta.
Speso questa Dea datrice di vita è rappresentata da una triade, come le germaniche Norne, la tripla Laima del Baltico o la triadica Brigit celtica.
La cretese Artemide Eileithya appare al momento del parto, come la dea romana Diana che era detta colei che schiude l’ utero. A queste dee erano sacrificati falli, cani, caproni, cervi, fusolai e pesi del telaio, per auspicarsi un parto senza complicazioni, tanto che i pesi dei telai erano incisi con quelli che, probabilmente, dovevano essere incantesimi e formule magiche, il tutto volto a garantire un parto sicuro ed un bambino sano.

Una dea ben più antica, antenata di Artemide e di Diana, è Nintur, dea mesopotamica del III millennio a.C, il cui epiteto era Signora dell’ utero, rappresentata da un simbolo simile ad un’ omega, figurazione dell’ utero di una mucca.

In Irlanda è la dea Brigit a controllare le nascite, considerata la levatrice della Vergine Maria e, di conseguenza, quella di Cristo, è ancora venerata nella tradizione popolare. La sua festa di purificazione cadeva il primo Febbraio, e si celebrava l’ allattamento delle femmine di pecora, che simboleggiavano la nuova vita e l’ arrivo della Primavera.

Nell’ Europa baltica la dea Laima, il cui culto persiste in nazioni come la Lettonia e la Lituania, è il Fato che assegna e predetermina gli eventi della vita. E’ la filatrice e la tessitrice della vita, colei che determinerà se sarà un’ esistenza lunga o breve, buona o cattiva.
“Un serpente nero strisciò nelle mie stalle
Non era un serpente nero:
Era la mucca di Marha
Una gallina nera strisciò dentro la stalla delle mie vacche.
Non era una gallina nera
Era la mucca di Marha.
La gallina nera si scosse
Nel mio giardino della mucche
Davanti a sè: un nido colmo
Davanti a me: una stalla colma di vitelli”
[Canto popolare lituano]

Marha, parte della triade di Laima, presiede ai parti, sia umani che degli animali. Ella non appare sotto forma antropomorfa, quando si avvicina la nascita di un vitello, bensì come un animale nero, colore antico della fertilità.
Come avvenne il passaggio da un pantheon di Dee ad uno di Dei?

Secondo le Professoresse Marija Gimbutas e Riane Eisler questo passaggio fu un lento cambiamento. L’ arrivo degli Indo-europei in Europa creò un’ ibridazione tra le due culture, dove però le dee furono, mano a mano, relegate al ruolo di mogli, amanti e figlie di questi nuovi dei, non più legati ai fenomeni ciclici della vita e della natura, bensì a corpi celesti o fenomeni atmosferici.

Non solo il pantheon fu rivoluzionato, ma anche i simboli della Dea, come ad esempio il toro, prima rappresentante della rigenerazione, dalla morte alla vita, simbolo della forza creatrice della Dea, diviene, nella chiave di lettura indo-europea, una delle metamorfosi usate da Zeus per poter rapire e violentare Europa. I nuovi dei non sono più portatori di vita e di prosperità, ma divinità guerriere, dal forte simbolismo bellico, tanto che molte delle antiche Dee europee furono militarizzate ed inserite nel nuovo pantheon indo-europeo.
Atena , Hera, Artemide, Ecate e Demetra trovarono spazio all’ interno del pantheon maschile olimpico, ma queste dee di natura partenogenetica ed antichissime, divennero spose, moglie e figlie dei nuovi dei indo-europei, spesso senza esiti felici, come il matrimonio tra Hera e Zeus, avvenuto con l’ inganno per poter rigenerare la terra bisognosa di rinascere da un lungo sonno. Molte delle Dee furono vittime delle nuove divinità, come ad esempio il racconto di Poseidone che violentò Demetra mentre questa era alla ricerca della figlia Persefone, che è stata rapita e, a sua volta, violentata da Ade, il quale la trascina nel regno dei Morti, dove sarà costretta a vivere sei mesi l’ anno.
Queste violenze nel mito sono memoria di ciò che accadde alle donne dell’ antica europa, nel passaggio dal pre-patriarcato, era di pace, al patriarcato.
Le dee furono ridotte a ruoli subalterni, rispetto agli dei, come Afrodite, o la romana Venere, le cui uniche funzioni erano l’ amore e la sessualità, andando a dipingere un quadro femminile di bellezza e fragilità che sarà poi perpetrato nei secoli a venire, sino ai tempi nostri.
Il nuovo pantheon snaturò la figura di ogni dea, come ad esempio Atena.
Ella discendeva dalla Dea-Uccello dell’ Europa Antica e la sua funzione era quella di rigenerare la vita. Con l’ avvento degli indo-europei acquisì caratteristiche militari e, da che era una dea di natura partenogenetica, divenne protagonista di un mito bizzarro: per la teogonia, infatti, ella salterebbe fuori dalla testa di Zeus, armata con lo scudo, l’elmo crestato ed una lunga lancia.
Conservò, però, il potere di elargire doni, tanto che per il mito Atena inventò il flauto, la tromba, la ceramica, la metallurgia, la filatura, la tessitura e molte altre attività della società civile.
Omero, nell’ Odissea, affermava che la Dea era capace di trasformarsi in avvoltoio o civetta, ricollegandosi così al mito europeo della Dea-Uccello.
Ecate, nelle sue molteplici forme, discendeva dalla dea antico-europea della vita, della morte e della rigenerazione. Era adorata dai greci con danze estatiche e feste orgiastiche. Ella rappresentava diversi stati della vita: sotto forma di vergine proteggeva il matrimonio, mentre con l’ aspetto di megera rappresenta la morte.
Un’ altra Dea assimilata dalla cultura indo-europea fu Hera. Ella veniva, nella cultura dell’ Europa Antica, rappresentata con mucche e serpenti, venendo quindi ricollegata alla Dea-Serpente preistorica, una Dea saggia ed onnisciente, guardiana dell’ energia vitale e della sua continuità.
Le mucche di Hera percorrevano le pianure, rendendole fertili, per questo il suo epiteto più frequente era dall’ occhio bovino, che ritroveremo poi anche nei poemi omerici.
Hera era la sorella della baltica Marha, descritta nei canti popolari lettoni e lituani come la madre delle mandrie o Madre del latte. Nella mitologia greca, Hera fu scalzata dal suo trono da Zeus, con il quale contrasse le hieros gamos, le nozze sacre. Hera viene descritta, dai nuovi miti, come una moglie gelosa del proprio marito, che la tradisce continuamente, violentando a suo piacimento ninfe, dee ed umane.

Un’ altra cultura che mantenne alcune tradizioni dell’ antica Europa fu quella etrusca.
Gli Etruschi fondarono la civiltà più antica della penisola italica, e la loro origine ci è ancora piuttosto oscura. I pareri degli studiosi si dividono: alcuni li vogliono natii dell’ Etruria, l’ attuale zona della Toscana e del Nord del Lazio; altri invece sostengono che siano immigrati dell’ Asia Minore, basandosi su quanto scrisse Erodoto, che sosteneva che gli Etruschi fossero emigrati dalla Lidia all’ Asia Minore nel tredicesimo secolo a.C.
La loro lingua, al contrario dei loro vicini, Romani ed Umbri, non era di tipo indo-europeo,
Questa loro distanza dalla cultura indo-europea si rispecchiava nella condizione femminile all’ interno della comunità: le donne etrusche potevano occupare cariche pubbliche importanti, bere, danzare, andare a teatro ed erano istruite.
Purtroppo poche notizie ci sono giunte sulle divinità etrusche, e quelle poche ci sono state riportate dai Greci e dai Romani. Sappiamo, però, con certezza che la religione etrusca rimase, fino alla fine, di puro stampo antico-europeo.
Tra le divinità femminili ci sono Uni, probabilmente la Dea elargitrice di vita e la rigeneratrice; Aritimi, dea della Natura; Menerva (La greca Atena e la romana Minerva), una militarizzazione dell’ antica europea dea-uccello; Turan ( la romana Venere e la greca Afrodite) dea dell’ amore; Semla (la greca Semele)
Gli etruschi non continuarono a venerare la Dea solo con il loro pantheon, bensì anche attraverso l’ arte funeraria e la forma delle loro tombe, che rispecchiavano una visione pienamente dell’ antica Europa, cioè una visione di rigenerazione, non di lutto. Nei sepolcri erano rappresentate gioiose scene di rigogliosa natura rinata.

Mentre nel Mediterraneo centrale il culto della Dea fu assorbito dal pantheon indo-europeo millenni fa, in alcune parti d’ Europa la società, la cultura e la lingua non indo-europea riuscirono a sopravvivere, quasi fino ai nostri giorni.

La lingua basca è l’ unica ad essere sopravvissuta alle invasioni e alle influenze culturali indo-europee, mantenendo vive le tradizioni discendenti direttamente dal Neolitico.
Molti aspetti dell’ Europa antica, come il culto della Dea, il calendario basato sul ciclo lunare, le leggi di successione su base matrilineare e l’ agricoltura gestita dalle donne, sopravvissero fino al XIII secolo.
Il cristianesimo arrivò tardi nella regione basca, e nelle zone rurali la popolazione fu convertita, superficialmente, solo nel sedicesimo secolo. In alcuni luoghi della regione la credenza della dea è realtà ancora oggi.
La principale dea basca, venerata ancora adesso, è Mari, che assume molte caratteristiche della Dea-Maga preistorica della morte e della rigenerazione. E’ la Dea-Avvoltoio dea della tomba, che appare sotto molte forme animali, simili a quelli con cui si manifestava nel Neolitico.
La religione basca considera gli Inferi il regno di Mari, e nelle sue terre scorrono fiumi di latte e di miele. Il regno dei vivi e dei morti comunicano attraverso pozzi, grotte e crepacci, dai quali Mari fuoriesce sotto forma di avvoltoio o corvo.
Ella regge il codice giuridico, essendo la promulgatrice delle leggi, domina sulla comunità e vigila attenta che i suoi comandamenti siano rispettati. Domina i fenomeni atmosferici naturali, usandoli anche per punire i disobbedienti.

“Le credenze riguardanti la nascita e la morte, la sterilità e la fertilità, la ciclicità della natura, la fragilità della vita e la costante minaccia di distruzione, e il periodico bisogno di assicurare il rinnovamento del processo rigenerativo della natura sono le più persistenti. Con le radici che affondano nella Preistoria, esse sopravvivono, come accade per gli aspetti più arcaici della Dea preistorica, nonostante il continuo processo di erosione in atto nell’ era storica.
Tramandate di madre in figlia, nella famiglia europea, le antiche credenze sopravvissero alla sovrapposizione prima del sistema indo-europeo e poi del mito cristiano. La religione centrata sulla Dea è esistita per un tempo immensamente lungo, e ha lasciato un’ impronta indelebile nella psiche occidentale.”
[Il linguaggio della dea- Marija Gimbutas, trad. a cura di Selene Ballerini]

La Dea Madre giunge a noi, non solo attraverso il mito, le favole, le leggende e i racconti del folclore, ma soprattutto grazie al lavoro degli archeologi, come la Professoressa Marija Gimbutas, che, assieme a tantissimi suoi colleghi, portò alla luce migliaia di statuette ed effigi della Dea.
Il termine con cui furono definiti all’ inizio queste statuette era quello di Venere Paleolitica, andando ad attribuire, implicitamente, con il nome di Venere un significato improprio, inteso come apoteosi della bellezza erotica. Ne Il linguaggio della Dea, Marija Gimbutas contrasta il pensiero maschile dei suoi colleghi, che vedevano in queste statuette delle antiche forme di pornografia o semplicemente dei simboli sessuali.

La Professoressa Marija Gimbutas in suo scritto, che chiamò “Vulve, seni e natiche della Dea Creatrice” , confutò la teoria di John Onians, vedendo nel suo collega un esempio della scuola di pensiero ammiccante e malizioso nei confronti della Dea. Marija Gimbutas dimostrò che la Dea era dispensatrice di vita in via primaria, di nutrimento , e di come la mentalità degli antichi non fosse dominata dalla visione scabrosa e piena di colpa del sesso, sentimento di colpa di cui sono intrise le giovani religione monoteiste.
Anche nell’ antico Egitto le sacerdotesse ed i sacerdoti erano soliti usare geroglifici significanti la vulva ed il fallo, senza alcuna malizia, al contrario della società moderna, che fu analizzata, in questo suo comportamento, da Freud in termini di mitologia patologica.

Il corpo umano è uno dei simboli più importanti dell’ Europa Antica. Bisogna guardare alla nudità femminile non con occhi moderni, dove il nudo viene spesso accostato all’ eccitazione sessuale, ma con la visione dei nostri antenati, per i quali, nell’ arte religiosa soprattutto, il corpo umano nudo aveva una miriade di funzioni, oltre a quella sessuale, in particolare quella della procreazione, della nutrizione e del potenziamento della vita.
Le statuette esageravano alcuni lati anatomici, come seni enormi, ventri prominenti e natiche tanto sporgenti, da portare il corpo a divenire astratto e senza un volta concreto, simboleggiando così sia la vergine, che la sposa che la vecchia. Non era rappresentazione fine al mero piacere erotico, ma manifestazione intima della potenza della Dea.
Effigi di donne nude con triangoli pubici accentuati, o vulve dilatate, caratterizzarono tutto il Paleolitico (25000-10000 a.C circa).
In diversi siti archeologici sono state ritrovate statuette scolpite con una vulva dilatata ed esposta, a gambe allargate, mentre la parte superiore era rappresentata da un fallo.
Questa posizione del parto era spesso rappresentata dagli artigiani del Neolitico. La dea della nascita è presente per tutto il paleolitico superiore, sino al neolitico. La nascita era un evento sacro, tanto che nel primo Neolitico si allestivano stanze per il parto, veri e propri santuari dipinti di rosso, colore del femmineo.
Poiché il parto è strettamente collegato all’ acqua, con cui doveva essere stato confuso il liquido amniotico, la Dea regna e regola ogni fonte, fiume, sorgente, pozzo e la stessa pioggia.
La dea gravida, però, poteva rappresentare anche la Madre Terra, creando un’ analogia tra i semi piantati nella terra, pronti a germogliare, e la vita che si stava formando nel ventre. L’ aspetto spesso gonfio della Dea della vegetazione nell’ antica Grecia sarà trasformato nel dualismo Madre-Figlia (Demetra-Persefone), come rappresentazione delle stagioni, autunno-inverno e primavera-estate, dove la prima rappresenta il sonno e poi la morte della vegetazione, e la seconda il risveglio e il rinascere rigogliosa della Natura.

Anche quando la cultura dell’ Europa Antica scomparve, con il sopravvento della società, della cultura e degli usi degli indo-europei, questa dea della vegetazione continuò ad essere venerata dai contadini europei.
Alcune delle più toccanti statuette dell’ Europa Antica rappresentano una madre con il figlioletto tra le braccia, iconografia che fu poi ereditata dalla tradizione cristiana, della Vergine Maria con in braccio il Cristo bambino, ma che vanta una storia ben più antica, ma soprattutto pagana.

Un altro simbolismo della Dea, preso come proprio dalla religione cristiana è quello dell’ uovo, che aveva significato polivalente, poiché non solo questo rappresenta la rinascita dalla morte, ma il suo colore bianco era il colore delle ossa dei defunti. L’ uovo, inoltre, sin dal primo Neolitico, era simbolo del ventre materno e del sepolcro.

“La tomba di una donna è aperta dal giorno in cui ha concepito al quarantesimo giorno dopo che ha partorito”
[Proverbio Maltese, riportato ne Il linguaggio della Dea- Marija Gimbutas, trad a cura di Selene Ballerini]
Durante questi quaranta giorni Zagaz, Jnuns e Janas– geni cattivi o streghe- possono rapire l’ infante. Per evitare ciò bisogna sacrificare un uccello e preparare un pasto a base di gallina per placare la Dea che ha il dominio sulla morte.
Dopo il parto la puerpera deve eliminare ogni traccia del parto, seppellendo la placenta, omologa della Dea della Morte.
Il grembo materno è uno dei temi funebri più potenti dell’ Europa Antica, poiché il ciclo vitale inizia e finisce in un grembo, prima quello materno e poi quello della terra. la tomba, proprio come l’ utero, accoglie, nutre e rigenera grazie al potere femminile della dea.

” La conseguenza dell’ urto dell’ Europa- Antica con le aliene forme religione indo-europee è visibile dalla detronizzazione delle Dee antico-europee, nella scomparsa dei loro templi, parafernali di culto e segni sacri e dalla drastica riduzione delle loro immagini religiose nelle arti visive. […] Questa trasformazione, tuttavia, non fu il rimpiazzo di una cultura da parte di un’ altra, bensì la graduale ibridazione di due sistemi simbolici differenti.”
[Il linguaggio della Dea- Marija Gimbutas, Trad. a cura di Selene Ballerini]

La religione della Dea, però, divenne presto segreta. La detronizzazione di questa antica e pacifica Dea fu macchiata dal sangue di innocenti, uccise durante la caccia alle streghe, voluta dalla Chiesa Cattolica.
In nome del loro Dio, la Chiesa Cattolica uccise più di otto milioni di persone, la maggioranza donne, annegandole, impiccandole o bruciandole vive. Le vittime erano per lo più donne di campagna, il cui unico potere era quello di aver appreso, dalle nonne e dalle madri, rimedi curativi naturali o il culto della antica Dea.

Nel 1484 Papa Innocenzo VIII emana la bolla pontificia Summis Desiderantes Affectibus (Desiderando con estremo ardore), nella quale il Pontefice riconosceva l’ esistenza delle streghe nella regione della Valle del Reno e nominava due domenicani, Heinrich Institor Kramer e Jacob Sprenger, autori del Malleus Maleficarum, inquisitori incaricati di debellare, in qualsiasi modo, la stregoneria da quella regione.
Due anni più tardi fu stampato il Malleus Maleficarum (Martello delle streghe), che fu più di un semplice libro, divenne un vero e proprio mezzo di terrore, di tortura e di morte per milioni di innocenti. Vi si elencava all’ interno ogni mezzo di tortura, fisica e psicologica, atta per estorcere alle accusate una confessione di colpevolezza.

Malgrado tutti i tentativi da parte degli uomini, e delle loro divinità maschili e maschiliste, il culto della Dea è sopravvissuto nelle leggende, nelle fiabe, nelle usanze e nel linguaggio. La cultura dell’ Europa antica fu matrice della nostra, e non poteva essere distrutta, senza un genocidio, tutto al femminile, di massa.
La memoria di un passato ginocentrico, durato tanti millenni, ha lasciato un’ impronta indelebile, un sottile filo che guida fino alle nostre più lontane radici.

22 pensieri su “La Dea Madre

  1. I tuoi post qui son sempre interessanti! 😉 Questo tuo articolo mi ha fatto venire voglia di Se da un po’ di tempo sto pensando di intraprendere di nuovo la lettura di “Donne che corrono coi lupi”. Magari un giorno ne riprenderò la lettura!
    Buonanotte 😉

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  2. Ciao Luca,

    Anche io sto per iniziare a leggere “Donne che corrono con i lupi”, assieme ad altri libri utili per il mio prossimo breve saggio.
    Sono contenta che ti sia piaciuto e che segui con interesse il mio blog.

    Buona notte anche a te.

    Mara

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