Il grande Gastby, la ruggente età del jazz

 

Donna con fiore

“Giungeva musica, nelle notti estive, dalla casa del mio vicino. Nei suoi giardini azzurri uomini e donne andavano e venivano come falene tra i mormorii, lo champagne e le stelle. Durante l’ alta marea nel pomeriggio osservavo i suoi ospiti tuffarsi dal trampolino o prendere il sole sulla spiaggia bollente della sua spaggia mentre i suoi due motoscafi solcavano le acque dello Stretto, rimorchiando acquaplani tra cascate di schiuma.”.

[Il grande Gatsby- Francis S. Fitzgerald]

Fitzgerald descrive con sapiente, ed in alcuni casi logorroica, precisione la solitudine e la vacuità della nuova generazione di ricchi e rampanti americani degli anni venti.
La guerra è finita, inizia il sogno americano che spinge a non accontentarsi mai, a desiderare sempre di più, a fare qualunque cosa per ottenere il massimo sempre.

Il giovane Nick Carrway, discendente di una famiglia molto benestante e con retaggi puritani, è il narratore attraverso il quale scopriamo il vero protagonista, un moderno Trimalcione, protagonista del Satyricon di Petronio, dal carattere libertino arricchitosi con affari illeciti, diviene un perfetto anfitrione.

Il nuovo Trimalcione, si chiama Jay Gatsby il quale, divenuto incredibilmente ricco dietro commerci nebulosi, ha ricreato il suo stesso passato, nel quale era un ragazzino povero qualunque, ma desideroso di riscatto sociale ed economico è riusciuto a divenire ricco, o forse anche più ricco, come le persone che invidiava da ragazzo.

Le feste date da Gatsby sono un universo di ebrezza, di sensualità, un gioco delle parti, dove tutti si muovono frenenticamente al ritmo del jazz, orbitando attorno al padrone di casa, molte volte, senza neanche incontrarlo o conoscerlo. E’ un divertimento fine a se stesso. Si beve, si cede alla passione della carne, e si corre ad un’ altra festa e si torna in città perchè il fine settimana è giunto al termine.

I volti degli invitati si confondono, pochi rimangono impressi, come Occhi di Gufo, il quale rimane in mente a Nick Carraway per lo stupore che questi aveva aizzato sulla biblioteca di Gatsby tra i diversi ospiti che vi erano entrati.

“Un uomo robusto di mezza età, con degli enormi occhiali che lo facevano assomigliare ad un gufo, sedeva […] fissando […] gli scaffali ricolmi di libri. […]
-[…] Sono tutti veri!-
-I libri?-
Annuì.”.

Gli invitati sono sconvolti di questa dichiarazione, e sfogliano curiosi le pagine “stampate” dei volumi, dandoci così un quadro dell’ ignoranza e dal desiderio di apparire più colti, agli occhi dei visitatori, usando anche lo strataggemma di libri finti. Gatsby però li ha veri, quindi l’ autore ci dimostra che lui è diverso da tutti gli altri, a lui interessa veramente leggere, scoprire e sapere, tutte cose negategli all’ inizio dalla sua umile origine, al contrario dei suoi ospiti, cresciuti nel lusso ed incapace di capire ciò che Gatsby ha dovuto passare per raggiungere il loro stesso piano.

Il protagonista non ha accumulato simili fortune solo per il mero gusto di possedere, l’ ha fatto per poter essere degno della donna da lui amata, Daisy.

Daisy è una ricca ereditiera con cui Gatsby ebbe una breve storia prima di partire per la guerra. Mentre era ancora in missione gli giunse la notizia che l’ amata non l’ aveva atteso, e si era unita in matrimonio al facoltoso Tom Buchanan.

Gatsby, ferito, si mette in testa che attraverso l’ arricchimento potrà riavere l’ amore di quella donna, l’ unica veramente in grado di essere da lui amata.

Si svela il perchè delle sue continue ed affollatissime feste. Ogni cosa è fatta in modo che Daisy, la quale abita in una delle ville vicine a quelle del protagonista, possa ritrovarlo.

E così sarà. Dopo cinque anni di lontananza i due si rivedono, e Gatsby è sempre più convinto di doverla liberare da quel matrimonio e dal quel marito infedele, che preferisce la volgare Myrtle, moglie del meccanico della zona, alla sua compagna.

Mano a mano che l’ amicizia tra il protagonista e il narratore, cugino di secondo grado di Daisy, si stringe, la trama diviene una spirale autodistruttiva, incentrata dietro all’ eroe romantico che Gatsby impersonifica. Peccato che mentre egli cerchi di uccidere, metaforicamente,  il drago Tom, la castellana Daisy non sia per niente sicura di voler abbandonare il marito, esattamente come non fu così sicura di sposarlo.

Daisy è un’ anima fragile, a tratti cretina, che non sa cosa vuole e cosa non vuole. Scappa, si rifugia dietro la sua posizione e dimentica, aspettando che il resto del mondo faccia la stessa cosa. Appare come una bimba capricciosa, che in un momento di difficoltà cerca un nascondiglio sicuro, per evitare, ad ogni costo, le conseguenze del suo gesto.

Il romanzo si trasforma quindi in una costate ricerca, in una luminescente dissipatezza, dove ogni personaggio è una mina vagante, una carica distruttiva, pronta ad esplodere senza preavviso.

“Ragazze dell’ alta borghesia che si lasciavano baciare nei petting parties, bevevano whisky, rispondevano con sgarbo ai genitori e scandalizzavano così una società dove le fanciulle da marito non potevano uscire senza chaperonne.”.

                                                                                      [Fernanda Pivano]

Questo è quello che rappresenta Il Grande Gatsby, la perdita della morale e dei valori vittoriani della società americana dell’ ante guerra. La nuova generazione si libera di molti tabù, soprattutto quelli sessuali, pronti a vivere la vita come più la desiderano. Sono giovani, ricchi e spensierati, un incrocio di virtù adatto proprio alle feste di Trimalcione.

La trama, che risulta non troppo articolata e con delle scivolate nel banale,non è di per sè importante deve unicamente coprire il concetto che sta alla base del romanzo: ogni morale può essere facilmente dimenticata, ballando il jazz e sorseggiando alcool. Ogni tabù può essere infranto durante i ruggenti anni venti.

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15 pensieri su “Il grande Gastby, la ruggente età del jazz

  1. “Gatsby believed in the green light, the orgastic future that year by year recedes before us. It eluded us then, but that’s no matter—tomorrow we will run faster, stretch out our arms farther. . . . And then one fine morning—
    So we beat on, boats against the current, borne back ceaselessly into the past.”

    Il prezzo del romanticismo, del credere in un ideale da rincorrere tutta la vita… di rifiutare l’edonismo sino a morirne. Uno dei libri più belli della mia esperienza letteraria e che non smetterei mai di rileggere.

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  2. Di Scott Fitzgerald ho letto quasi tutto, compreso il grande Gatbsy. Concordo con te che a parte alcune pagine dove l’autore dimostra il suo talento è piuttosto monotono e banale. Quello che impreziosisce il romanzo è la superba traduzione di Ferdinanda Pivano, che è riuscita a trasmettere il messaggio dell’autore. Personalmente preferisco Tenera è la notte.

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