Il diavolo sulle colline, il primitivo.

La casa in collina

 

“Eravamo molto giovani. Credo che in quell’ anno non dormissi mai. Ma avevo un amico che dormiva meno ancora di me, e certe mattine lo si vedeva già passeggiare davanti alla Stazione nell’ ora che arrivano e partono i primi treni.”

                                                    [Il diavolo sulle colline- Cesare Pavese]

Nella prima parte della trilogia, La bella estate, Pavese era convinto che il personaggio dovesse godere di piena autonomia: risulta da ciò un mondo squallido e degradato, narrato attraverso lo sguardo di una ragazzina, Gina, che vede, ma non comprende realmente ciò che la circonda. Solo a fatica la protagonista si rassegna alla bieca realtà della sua esistenza, ben diversa da ciò che aveva sempre sognato e sperato.

“7 Ottobre 1948.

Il 4 ottobre finito “Il diavolo in collina”. Ha l’ aria di qualcosa di grosso. E’ un nuovo linguaggio. Al dialettale e al calligrafico colto aggiunge la “discussione studentesca”. Per la prima volta hai veramente piantato simboli. […] I giovani che scoprono, la vita di discussione, la realtà mitica.”.

                                                        [Il mestiere di vivere, pag 353-54, ed. Einaudi- Cesare Pavese]

Il diavolo sulle colline, titolo modificato dal primo Il diavolo in collina, nasce come secondo romanzo facente parte della trilogia, il cui ultimo tassello è Tra donne sole.

Il libro è l’ approfondimento del selvaggio, sviluppato con attenzione, tenendo conto del particolare rapporto tra città e campagna.
Dei tre protagonisti, tutti studenti universitari, Pieretto è il portavoce dello spirito cittadino, irriguardoso e mistificatore, Oreste è il rappresentante della naturalezza propria della campagna, laborioso ed a tratti ingenuo. Poi c’ è il narratore anonimo, senza volto nè nome, cittadino di educazione, ma profondamente affascinato dal lato selvaggio della natura, della quale si mette alla scoperta, imparando mano a mano a sentire il palpitare stesso della terra sotto il sole.

Conosciamo i protagonisti durante l’ estate, in una Torino addormentata nel fresco della notte, poco prima dell’ alba, mentre i tre passeggiano senza meta, incapaci di dormire. Li seguiamo poi durante il loro rito di iniziazione all’ età adulta.

Partivamo di casa sul mezzogiorno, e poi passavamo laggiù un’ ora o due, nudi come bisce, a bagnarsi e voltolarsi nel sole dentro la terra screpolata. Lo scopo era arrostirsi anche l’ inguine e le natiche, cancellare l’ infamia, annerir tutto…”.

Il bagno nel pantano è un rito di purificazione, che cancella ogni traccia di civiltà.
E’ l’ inizio del loro ingresso nel mondo degli adulti, con questo immergersi nella terra pulsante, viva, calda, si denudano, fisicamente e moralmente, di ciò che erano, attendendo nel ventre della natura il loro muoversi verso la prossima fase della vita.

I tre giovani incontrano il vizio, che li attrae, strappandoli dalle viscere stesse della terra, ove riposavano attendendo con pazienza. Vengono trascinati in una realtà altra dalla loro, mentre la natura li circonda ancora, però senza poterli più abbracciare e difenderli da ciò a cui vanno incontro.
Il vizio è rappresentato da un giovane uomo, ricco di famiglia, malato ed annoiato dalla reclusione in nella tenuta di campagna, nella quale il padre lo costringe, per tenerlo lontano dalla città, fonte stessa dei suoi mali e delle sue preoccupazioni.
Assieme a Poli c’è anche Gabriella, sua moglie, affascinante e corrotta dalla noia stessa.

Quel brivido di starcene nudi e saperlo, di nasconderci a tutti gli sguardi, e bagnarci, annerirci come dei tronchi, era qualcosa di sinistro,più bestiale che umano.”.

Mentre per l’ io narrante la natura è un richiamo, un tremito di piacere, uno spogliarsi stesso della sua umanità per tornare a ciò che si era, un desierio del primitivo, per Poli e Gabriella la campagna è la reclusione, l’ esclusione stesse del contesto sociale che sentono loro più congeniale.

La villa del Greppo, dimora dei due coniugi, è un’ opera cittadina che dissacra la natura circostante, turbandone la pace con le feste improvvise, gli urli che squarciano il silenzio notturno del bosco, gli invitati inattesi che giungono strepitando e facendo rombare i motori delle loro macchine sono elementi di disturbo in quel luogo ove si va a ritrovare il contatto stesso con il naturale, la realtà prima.

Il rapporto tra i tre studenti, ingenui che non conoscono ancora la vita, e la coppia, avvezza ad ogni cosa ed adusa ad una vita di vizi e raffinatezze, corre sempre sul filo del baratro, un passo falso e la loro amicizia, il loro sodalizio, questo castello di carte potrebbe crollare e distruggerli con le sue macerie.

Particolare attenzione va all’ uso dell’ understatement, tecnica molto cara a Cesare Pavese, il quale lo riprende da Hemingway e Fitzgerald, ovvero la narrazuine reticente, allusiva, distaccata, ciò che accede si dice è volutamente sottinteso. E’ la freddezza della descrizione, in maniera paradossole, a donare un forte impatto emotivo con la narrazione.

Un volume, tre romanzi. Ciascuno di esseri potrebbe da solo far libro. Perchè “La bella estate”, “Il diavolo sulle colline” e “Tra donne sole” escono insieme? Non è qul che si chiama trilogia. […] Si tratta di un clima morale, un incontro di temi, una temperie ricorrente in un libero gioco di fantasia. Per quanto ricchi di aperture paesagistiche – e “Il diavolo sulle colline” si chiede addirittura nella sua impostazione che cosa siano natura e campagna- sono tre romanzi cittadini, tre romanzi di scoperta della città e della società, tre romanzi di giovanile entusiasmo e passione sconfitta. Un tema ricorrente in ciascuno dei vari intrecci ed ambienti è quello della tentazione, dell’ ascendente che i giovani sono tutti condannati a subire. Un altro è la ricerca affannata del vizio, il bisogno baldanzoso di violare la norma, di toccare il limite. Un altro, l’ abbattarsi della naturale sanzione sul più incopevole e inerme, sul più giovane.”.

Nella quarta di copertina, preparata per la prima edizione, de “La bella estate”, così Pavese fornisce una spiegazione di ordine tematico per la composizione dei tre racconti, un unico volume.

Nonostante ciò che dissero i suoi contemporanei, tra i quali Calvino tremendamente mal impressionato dalla protagonista di Tra donne sole, Cesare Pavese era, ed è, un mostro sacro della letteratura italiana. Egli fu in grado di mostrare appieno la crisi sociale ed umana del suo tempo, dove si era perso il senso complessivo dell’ esistenza stessa.

 

42 pensieri su “Il diavolo sulle colline, il primitivo.

  1. Il nostro Pavese è attualissimo in questi tempi di crisi, non solo economica, ma di valori umani. Grande Pavese, Grande la nostra Mara. 🙂

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  2. Sei al livello dei critici che stanno nei manuali, veramente. questa cosa mi sconvolge! avresti dovuto fare carriera nell’insegnamento!
    è incredibile come tu riesca a rendere semplici e capibili per tutti certi concetti! IO penso che sia molto più difficile fare questo che usare quei paroloni solo per pochi specialisti. non a caso Mengaldo è il mio critico preferito, perché io penso che la cultura debba essere resa alla portata di tutti e non solo per chi studia, per chi è colto, ecc.

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    • Ti ringrazio, ma temo di non avere le competenze adatte per essere un’ insegnante. Forse avrei potuto pensare alla carriera universitaria, come professoressa, ma non credo di possedere le giuste doti di chiarezza e semplificazione dei testi, e soprattutto la pazienza.
      La cultura deve appartenere a chi ha lo spirito di abnegazione, e sa rinunciare per ottenere un’ elevazione culturale.

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      • Invece secondo me le hai eccome! Per riuscire a scrivere brani come quelli che ci proponi, devi avere una grande conoscenza. Ed è difficile riuscire ad estrapolare il meglio, ogni volta. Non so come mai. Sei davvero colta ed intelligente!

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      • Riguardo al secondo punto, c’è cultura e cultura. Quella che posso avere io è specialistica, quella che può avere mio padre che studia per piacere è ancora diversa. certi saggi che leggo io non li capirebbe mai mio babbo. Dunque, preferisco sempre la via di mezzo, Nel senso che si possono avere alti contenuti anche in una forma medio-alta, non solo specialistica. In questo senso, “per tutti”.

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  3. Il passaggio quotidiano di leggere i tuoi post sui libri o sui temi più disparati è diventato un appuntamento fisso. Si leggono con avidità e poi si commentano avendo negli occhi le tue parole.
    Oggi è il turno di Pavesi. Un Grande, con la G maiuscola. Difficile da leggere, perché serve concentrazione in un mondo che va di corsa come quello che cerca di guidarci. Invece si dovrebbe andare slow e gustarsi anche questo mostro sacro, che oltre a validissimo scrittore, è stato un eccezionale scopritore di quel vasto repertorio letterario che è la narrativa americana tra le due guerre.

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    • Ti ringrazio della tua puntualità e della tua costanza gionaliera, è un qualcosa che mi lusinga.

      Pavese è e sarà sempre, come detto nel post, un mostro sacro, oltre che il mio più grande amore letterario.

      Grazie ancora.

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  4. Innanzi tutto, complimenti vivissimi alla tua esposizione analitica degli eventi cruciali e della coscienza sociale già corrotta da una diffusa decadenza morale, il filo che ci lega indissolubilmente ai giorni nostri, chiaramente trascinati alle estreme conseguenze.
    Non è solo la passione per l’autore e le sue opere, bensì il tuo entusiasmo che trascina lettori ed estimatori ad approfondire le tematiche esposte.

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  5. Ho letto la tua recensione tutta d’un fiato… proprio appena finito di leggere il diavolo sulla collina. E un ottimo spunto per comprendere appieno ed apprezzare lo spirito del racconto. Complimenti vivissimi. Pavese e io scrittore estremamente interessante e profondo lontano anni luce dalla iperbolica vita quotidiana di questi nostri tempi. Mi ha sempre colpito la sua vicinanza con Vittorini, mio conterraneo anch’egli non del tutto apprezzato. E una lettura che richiede attenzione e concentrazione ma che alla fine premia il lettore con un intenso piacere di leggere..

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