La Bellezza, Charles Baudelaire.

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Sono bella, o mortali: una chimera

di pietra! Tutti il mio seno ha estenuato,

ma al poeta un amore ha ispirato

tacito, eterno come la materia.

 

Ho il trono nell’ azzurro, sfinge oscura,

ho il cuore di neve, del cigno il biancore,

odio il gesto che le linee scompone,

al riso e al pianto estranea è mia natura.

 

Vedendomi in atteggiamenti fieri

Ispirati a scultorei monumenti,

i poeti si danno a studi austeri.

 

Per stregare così docili amanti

ho, specchi dove il bello si discerne,

gli occhi, i miei occhi dalle luci eterne.

 

 

[La bellezza, XVII, I fiori del male, Charles Baudelaire, trad. Antonio Prete]

Perchè il bello possa essere, sostiene Baudelaire, devono coesistere due elementi: assolutezza ed eternità.

La donna è, per il poeta, una dea, a cui tutti gli sforzi degli uomini, soprattutto gli artisti, devono essere tesi.

Solamente l’ arte, poichè fine a se stessa, potrà conservare in eterno il bello, rendendolo immortale, duraturo nel tempo, tralasciando la morale che muta ed impedisce di vedere la realtà dell’ artista.

La bellezza, che appartenga ad una prostituta o ad una divinità, è una potenza suprema, manfestazione dell’ ignoto, dell’ infinito, dell’ assoluto.

Il poeta,di fronte alle pose più antiche della bellezza, rimane basito da quella dea terribile, che è sfinge celeste ed infernale, simbolodo di enigma e potere, un essere mitologico, immutabile nel tempo.

8 pensieri su “La Bellezza, Charles Baudelaire.

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